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Teoria della Relatività: relatività della durata degli eventi

Riprendiamo il treno.
Davanti a noi c'è una lunghissima linea ferro­viaria sulla quale corre il treno di Einstein. Ci sono anche due stazioni distanti tra loro 864.000.000 di chilometri. Per coprire questa distanza il treno di Einstein impiegherà un'ora, dato che la sua velocità   è di 240.000 chilometri al secondo.
In ognuna di queste due stazioni c'è un orologio. Alla prima stazione un passeggero sale sul treno e prima della partenza regola il suo orologio con quello­ della stazione. Quando arriva alla seconda stazio­ne, egli nota con stupore, che il suo orologio va indietro. Eppure l'orologiaio gli aveva garantito che l'oro­logio era in perfetto ordine.
Che cosa è successo?
Per capirlo immaginiamo che il passeggero diri­ga verso il soffitto un raggio di luce di un riflettore fissato al pavimento del vagone. Sul soffitto c'è uno specchio, dal quale il raggio di luce viene rinviato di nuovo al riflettore. Il percorso del raggio di luce visto dal passeggero nel vagone è tracciato nella metà superiore della figura 15. Questo percorso ha però un aspetto ben diverso per chi lo osserva dal marcia­piede. Mentre il raggio passa dal riflettore allo spec­chio, lo specchio si muove, perché si muove il treno e mentre il raggio torna indietro il riflettore si sarà di nuovo spostato della stessa distanza. Perciò per l'osservatore sul marciapiede il raggio di luce avrà percorso una distanza maggiore che per 1'osservatore sul treno. D'altro lato sappiamo che la velocità della luce è una velocità assoluta e quindi identica per i viaggiatori sul treno e per chi aspetta il treno sotto la pensilina. Siamo quindi costretti a concludere che alla stazione tra la partenza e il ritorno del raggio di luce è trascorso piú tempo che sul treno!
È semplice calcolare il rapporto fra questi tempi.
Supponiamo che per l'osservatore sotto la pensilina siano trascorsi dieci secondi tra la partenza e il ri­torno del raggio. Durante questi dieci secondi il rag­gio ha attraversato 

300.000 x 10 = 3.000 000 chilometri. 

Ne risulta che i lati  AB e BC del trian­golo isoscele ABC misurano ciascuno 1.500.000 chi­lometri. Il lato AC è ovviamente uguale alla distan­za percorsa dal treno in 10 secondi, cioè 

240.000 x 10 = 2.400.000 km. 

A questo punto è facile determinare l'altezza del vagone, che è l'altezza BD del triangolo ABC.

Ricordiamoci che in un triangolo retto il qua­drato dell'ipotenusa (AB) è uguale alla somma dei quadrati degli altri due lati (AD e BD). Dall'equa­zione 

AB' = AD'+ BD' 

troviamo che l'altezza del vagone è 

BD= √ (AB2 – AD2) = √(1.500.0002  - 1.200.0002)   = 900.000 

chilometri. Una bella altezza, ma non sorprendente, se si pensa alle dimensioni astronomiche del treno di Einstein.

Il percorso di andata e ritorno del raggio dal pa­vimento al soffitto, osservato al passeggero è naturalmente il doppio di questa altezza, cioè 

2 x 900.000 = 1.800.000 

chilometri. Per percorrere questa distanza la luce impiega 

1.800.000 : 300.000 = 6 secondi. 

Gli orologi restano sistematicamente indietro.
Così, mentre alla stazione erano passati dieci se­condi, nel treno ne erano trascorsi soltanto sei. Se per l'orologio della stazione il treno era arrivato un'ora dopo la partenza, per l'orologio del passeggero erano invece trascorsi soltanto

60 x 6/10 = 36 minuti.

Perciò l'orologio del passeggero in confronto a quello della stazione aveva perso 24 minuti.
Non è difficile capire che il ritardo dell'orologio aumenterà con la velocità del treno.
Piú questa si avvicinerà alla velocità della luce, piú la lunghezza del lato AD, che rappresenta il tratto percorso dal treno, sarà vicina all'ipotenusa, che rap­presenta il cammino percorso dal raggio di luce du­rante il medesimo tempo. Analogamente diminuirà il rapporto tra il lato BD e l'ipotenusa. Ma questo è proprio il rapporto fra i tempi trascorsi sul treno e alla stazione. A mano a mano che riusciamo ad avvi-cinare la velocità del treno a quella della luce, possia­mo ridurre a nostro piacimento il tempo, misurato sul treno, corrispondente a un'ora secondo l'orologio della stazione. Se la velocità del treno fosse 0,9999 volte la velocità della luce, un'ora misurata alla sta­zione passerebbe in un minuto nel vagone!
Cosí ogni orologio in moto resterà indietro se con­frontato con un orologio in stato di riposo. Ma questo risultato non contraddice il principio di relatività del moto che era il nostro punto di partenza?
Tutto questo significa forse che l'orologio che va piú avanti di tutti è in uno stato di riposo assoluto?
No, perché noi abbiamo confrontato l'orologio sul treno con gli orologi delle stazioni in condizioni del tutto disuguali. Abbiamo usato non due, ma tre orologi. Il passeggero confrontava il suo orologio con due orologi diversi alle due diverse stazioni. Analo­gamente, se ci fossero stati due orologi fissati uno in testa e l'altro in coda al treno, un osservatore sotto la pensilina confrontando le indicazioni dell'orologio della stazione con l'ora degli orologi visti attraverso i finestrini del treno in corsa, scoprirebbe che 1'orologio della stazione va sistematicamente indietro.
In questo caso infatti - dato il moto rettilineo e uniforme del treno relativamente alla stazione - sia­mo autorizzati a considerare il treno a riposo e la sta­zione in moto. In entrambi i casi le leggi della natura devono essere le stesse.
Qualsiasi osservatore a riposo relativo secondo il suo orologio vedrà gli altri orologi che si muovono rispetto a lui andare avanti e sempre di più a mano a mano che aumenta la loro velocità. Questa affermazione è del tutto analoga a quella di due osservatori che stanno vicini a due pali del telegrafo e ciascuno dice che il proprio palo si vede sotto un angolo maggiore di quello dell'altro.

Ultima modifica il Venerdì, 02 Gennaio 2015 22:00