Origini del dialetto tortorese

Origini

Il dialetto tortorese appartiene al gruppo linguistico degli alti Bruzi.

          Il dialetto tortorese, come la lingua italiana e la maggior parte dei dialetti italiani, è il risultato dell’evoluzione del latino. Fa parte del gruppo dei dialetti dell’Italia meridionale, cui appartengono quelli dell’area lucana, pugliese, calabrese e siciliana, che hanno mantenuto, nella desinenza dei nomi e degli aggettivi della prima classe maschili, la ‘u’ latina della seconda e quarta declinazione.
         Scorrendo le pagine del Dizionario del dialetto tortorese[1] si evidenzia che la gran parte dei vocaboli deriva da etimi latini (97,8%).
         Si nota pure che un certo numero di vocaboli deriva da etimi greci, francesi, arabi, germanici e spagnoli (2,2%).[2] 
         Per quanto riguarda gli etimi greci è necessaria una precisazione. Mentre la maggior parte delle parole italiane di derivazione greca hanno origine colta, coniate nel periodo dell’Umanesimo, le parole tortoresi di derivazione greca hanno origine popolare riferendosi ad oggetti comuni. Qualcuno le fa risalire al periodo della Magna Grecia, ma non sembra che sia così. Una prima ragione è che, stando alle risultanze archeologiche, nel territorio tortorese i greci non sono mai stati stanziali. La seconda ragione è che, sempre alla luce delle risultanze archeologiche, dopo la seconda guerra punica il territorio tortorese attraversò un periodo di circa un secolo di spopolamento, per ripopolarsi nel primo secolo avanti Cristo con elementi romano-italici, per cui anche se nell’area vi fossero stati coloni greci, la discontinuità accennata avrebbe azzerato qualsiasi influsso greco nella lingua.       
I termini greci sono entrati nel dialetto tortorese nel periodo bizantino, grazie ai monaci greco-bizantini stanziali per qualche secolo nel territorio, stimati, assunti come modelli e fatti oggetto di devozione da parte di pastori e contadini.
         Gli etimi francesi sono entrati nel dialetto tortorese all’epoca della dominazione angioina per il contatto quotidiano dei popolani con i soldati di origine francese e con i loro padroni.
         Quelli arabi non sono da far risalire, credo, agli episodi delle incursioni dei Saraceni, troppo brevi per lasciare una traccia nel dialetto, inoltre in quelle occasioni Saraceni e locali non si incontravano poiché questi ultimi andavano a nascondersi o, se si incontravano, i locali erano catturati, schiavizzati, destinati al remo, venduti come schiavi sui mercati nordafricani o orientali e non tornavano mai più in patria se non in casi rarissimi.

Di solito l'adozione di termini stranieri in una lingua avviene in periodi di convivenza pacifica fra elementi stranieri e stanziali, perciò l'ingresso di termini arabi nel dialetto tortorese deve farsi risalire, con molta probabilità, al tempo dei Normanni, i quali dopo la conquista della Sicilia e la sottomissione dei Saraceni, erano soliti deportarne gruppi nel centri lungo la costa calabrese nel caso che, dopo l'assoggettamento, divenissero inquieti o scomodi. Verosimilmente un gruppo fu deportato a Tortora e quivi integrato e assorbito dalla popolazione locale, che ebbe tutto il tempo per accogliere nel proprio dialetto termini arabi, convivendo e lavorando con i confinati fianco a fianco. Ne è prova non solo il toponimo 'La Saracìna' fuori paese, ma, soprattutto, il toponimo siciliano 'Rametta' che indica un vico del paese, accanto alla piazza, vicino la chiesa di S. Pietro.[3]
         Quelli germanici e spagnoli sono stati assimilati nelle epoche delle rispettive dominazioni.
         Da ricordare poi l’apporto del dialetto reggino, avvenuto nella prima metà del 1900 con l’immigrazione di elementi provenienti da quell’area, integrati peraltro completamente nel contesto sociale tortorese dopo un primo periodo di adattamento.
         Attualmente, sotto l’influsso dei massa-media, della scuola e degli immigrati, il dialetto sta subendo delle trasformazioni nella fonetica e nel vocabolario. Nella fonetica si vanno perdendo i suoni bivocalici ‘éa’ e ‘òa’ in favore della ‘a’. Nel vocabolario stanno entrando a piene mani italianismi relativi a oggetti e attività non esistenti prima del 1950. 

Michelangelo Pucci 

Vedi anche: origini del dialetto tortorese; parentele; grammatica; etimologie.


[1] M. Pucci – Dizionario del dialetto tortorese – Zaccara Editore 2005

[2] Vedi appendice del libro: M. Pucci – Il colore delle parole – Zaccara Editore 2003

[3] Vedi la III appendice del Dizionario sopra citato

     Vedi questo sito all'articolo 'Normanni'

 

 

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