- la ciminéra, tubo di aspirazione e scarico del fumo, ma anche il corpo avanzato in muratura;
- lu fùocu, per cuocere e, nello stesso tempo, per scaldare ambienti e persone;
- l’appiccicùmi, fatto di cùsculi o spùorculi, per l’accensione del fuoco;
- li lìnna, combustibile preferibilmente di elce, per sostenere il fuoco;
- lu tizzoni, legno parzialmente bruciato e con una estremità incande-scente;
- la vàmba, fiamma che si sprigiona dalla legna;
- la fajìdda, la scintilla che si sprigiona dai tizzoni e dai carboni ardenti;
- li carivòni, pezzi di legno bruciati e ardenti;
- li vréasci, l’insieme dei carboni ardenti;
- lu fùmu, il risultato del fuoco che stenta ad accendersi;
- la cìnnira, la scoria della combustione;
- lu gusciarùlu, in ferro o di canna, per ravvivare il fuoco;
- l’attizzatùru, astina in ferro, per trattare i carboni ardenti e i tizzoni;
- attizzéa, l’azione di riunire la legna sul fuoco per favorirne una migliore accensione;
- sbrascéa, l’azione di allargare le braci per spegnere le fiamme e per arrostirvi qualcosa.
Tecnica di costruzione del focolare
Per prima cosa si ricavava il camino nello spessore del muro dalla cucina fino al tetto lasciando un'apertura più o meno ampia a livello del pavimento della cucina. Si costruiva poi il fronte della cucina vera e propria, addossata alla parete, con una struttura in muratura di altezza e spessore variabili secondo i gusti e il livello socio-economico della famiglia, terminante in alto in un ripiano. A terra si costruiva il focolare vero e proprio, di larghezza e profondità variabile, rialzato sul pavimento. Il piano di fuoco veniva realizzato con mattoni refrattari. La vùcca di la ciminèra (imboccatura del camino) si lasciava più o meno alta e larga secondo le necessità. Sul fronte della struttura, ad un'altezza di circa 90 cm e ai lati della ciminera, si ricavavano due fornelli incassati a due ripiani sovrapposti: quello inferiore per i carboni, quello superiore per il piano di cottura.
Il forno
- lufùornu, in muratura, cavità per la cottura del pane;
- li mattùni, in terracotta, rivestono il pavimento del forno;
- li gràsti, cocci che ricoprono la volta del forno;
- la vùcca di lu fùornu, l’apertura verso l’esterno del forno;
- la mésa, la chiudenda dell’apertura del forno;
- li fràschi, combustibile per riscaldare il forno;
- fucinìjéa, l’azione di alimentare il fuoco nel forno;
- mburnòa, l’azione di introdurre il pane nel forno;
- sfurnòa; l’azione di cacciare dal forno il pane già cotto.
Tecnica di costruzione del forno:
Si sceglieva un angolo, di solito quello accanto al focolare, si murava una piccola trave in posizione di ipotenusa ai due muri. Si creava un piano con assi di legno sulle quali si stendeva un pavimento di malta di calce delimitato sul davanti da un muretto costruito sulla trave. Sul pavimento si stendeva per coinbentazione termica uno spesso strato di cenere su cui si posizionavano i mattoni quadrati in terracotta per fare il pavimento del forno. A questo punto si costruiva la volta emisferica del forno con cocci di terracotta (di solito pezzi di tegole) disposti a coltello e tenuti assieme con malta di calce. La volta veniva coperta da uno spesso strato di cenere protetto da uno strato di calcinacci e da una muratura esterna. Al di sopra della bocca ad arco del forno si costruiva il camino per il fumo.
Mobili
- la buffétta, su cui apparecchiare per due o tre persone con una tuvagljédda e li stijavùcchi;- lu tiratùru di la buffétta, in cui conservare le posate;
- la séggia, su cui sedersi attorno alla buffétta;
- lu scànnu, per far accomodare attorno al fuoco o alla tavola le persone anziane;
- la scannédda, per sedersi attorno al focolare;
- la càscia, con la cascicédda, piccole dispense e, all’occorrenza, anche sedili di emergenza;
- lu casciùni, per conservare le derrate alimentari (le granaglie o la riserva di frutta secca);
- lu stìpu, per riporre stoviglie in ceramica o in terra cotta e come piccola dispensa di passaggio;
- la màttira, in legno, per impastarvi dentro il pane;
- la cammarèdda, piccolo locale dispensa;
Attrezzi e stoviglie:
- lu murtòali e lu pisatùru, per polverizzare il sale, le spezie e i prodotti dell’orto secchi;
- la quadéara, in rame, per scaldare sul fuoco una grande quantità d’acqua;
- lu cararùni e lu cararuccìeddu, in rame, per i pranzi molto affollati o, anche, per la lissìja;
- la cassaròla e la cassarulédda, in rame, per i bisogni culinari della famiglia;
- la sartànija e la sartanijedda, in ferro, per le fritture di ogni tipo;
- la vrùla, in ferro, per tostare le castagne;
- la pignéata e la pignatédda, in terracotta, per cuocere i legumi;
- la caccavédda, in terracotta, per cuocere i legumi;
- la tighédda, in terracotta, per cuocere il sugo;
- lu pijàttu chjòanu e pijàttu mbùnnu, pijàttu grànni, in ceramica bianca, da portata;
- lu pijattìeddu chjéanu, e pijattìeddu mbùnnu, per il consumo individuale delle pietanze;
- lu scutrùzzu, lu scutruzzìeddu, contenitori fondi in terracotta, da portata, soprattutto in campagna;
- la scutédda, in terracotta, per il consumo individuale delle pietanze in campagna;
- lu mbrustulatùru, di ferro, per tostare il caffè o l’orzo;
- lu macinìeddu, di lamiera, per macinare il caffè e le spezie a grani;
- la ciucculatéra, in lamiera, per preparare il caffè o la cioccolata;
- lu cùoppu, in ferro, per minestrare brodi e cibi semiliquidi;
- la cucchjòara, in ferro, per rimestare cibi durante la cottura e per minestrarli nei piatti;
- lu riminatùru, in legno, per rimestare la polenta;
- lu curtìeddu, di ferro, di foggia e grandezza diverse secondo la destinazione d’uso;
- lu cucchjòaru e la furcìna, posate della tavola;
- la rasòla, in ferro, per pulire la madia e per stagliare dall’impasto i pani;
- la péala, in legno, per infornare e sfornare i pani;
- lu scùopulu, di frusciandoli legati all’estremità di una pertica, per pulire il forno;
- lu cacciacàrni, in ferro, forchettone per arrostire carne o altro sui carboni;
- la tàvula e lu laganatùru, in legno, per spianare la sfoglia di pasta per lasagne e tagliolini;
- lu sitàzzu, in legno e rete, per nettare la farina dalla crusca;
- lu cirnìcchiu, in paglia e steli di ampelodesmo o saracchio, per nettare le granaglie dalla pula;
- lu trìpanu, in ferro, di varia grandezza secondo il contenitore da sorreggere;
- la vrascèra, con vasca in metallo e pedana in legno.
Michelangelo Pucci