Macellazione del maiale

Quasi tutte le famiglie, ad eccezione di quelle proprio indigenti, allevavano il maiale.

La macellazione del maiale avveniva in casa per lo più in cucina. Si sceglieva una giornata fredda e asciutta. Il maiale, tenuto a digiuno per un giorno, distratto dalla padrona di casa con il secchio della brodaglia, veniva afferrato nella stalla da parecchi uomini e trascinato in cucina, dove gia bolliva un pentolone di acqua ed era già pronta al centro una cassa. Tenuto fermo su di essa con la testa sporgente, un uomo pratico dell’operazione lo sgozzava con un lungo coltello. Il sangue era raccolto in una terrina larga e profonda.
Assicuratisi che fosse morto, lo riversavano in una madia di legno accostata a lato della cassa. Una donna attingeva acqua bollente dal pentolone e la versava sul maiale precedendo i coltelli degli uomini che ne rasavano il pelo.
Completata la rasatura si praticavano dei tagli sul lato posteriore dei piedi di dietro per metterne in evidenza il tendine, vi si infilava l’estremità dentata della gambetta (gammìeddu) e si issava con una corda il maiale all’anello di ferro infisso alla trave, in modo che restasse sospeso a testa in giù.
Tagliata la testa, veniva praticato un taglio verticale in modo da aprirne il ventre e lo sterno. Attraverso l’apertura si asportavano le interiora, e il gruppo comprendente i polmoni, il cuore e il fegato (cambanéaru). Si procedeva poi a spaccare a metà per il lungo con un’accetta la spina dorsale dall’alto in basso. Si tagliavano dei pezzi di carne non pregiata e dei pezzi di grasso che  si mettevano a friggere in una padella per lo spuntino finale da dividere fra tutti i convenuti. Si lasciavano frollare le due metà (minzìli) per 10-12 ore, di solito la notte.
La mattina successiva le due metà venivano sfasciate staccando la carne dalle ossa, separando i tagli di prima scelta da quelli di seconda scelta.

Michelangelo Pucci

 

  •                                                     Michelangelo Pucci
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