la tinàglia (a ganasce orizzontali appiattite e manici lunghi terminanti con due occhielli per la presa dal fuoco e la tenuta di pezzi da lavorare all’incudine), la tinàglia (attrezzo, comune a diversi artigiani, a ganasce ricurve a taglio), la ngùjina, la mazza, li martìeddi (di varie dimensioni), lu saldatùru, li lìmi (di varia grandezza).
Attività: lavorazione di ringhiere, di porte di ferro, di serrature, di chiavi, di saliscendi, di chiusure a scorrimento orizzontale per infissi vari, di tutti gli attrezzi in ferro della casa, degli altri mestieri, in particolare dell'agricoltura, ferratura dei cavalli e degli asini.
Tecnica per la battitura e modellatura del ferro: il discepolo pren-deva la barra o il lingotto di ferro e con le tenaglie a ganasce piatte, lo sistemava fra i carboni ardenti della forgia ravvivati da una ventola a manovella azionata da un altro discepolo o da un volontario. Quando la barra di ferro era diventata ben rovente, il ‘masto’ la estraeva dai carboni tenendola con le tenaglie ben ferma con la mano sinistra, imbracciando con la destra una mazzetta. La poggiava sull’incudine per la battitura che avveniva a ritmo quasi musicale alternando i colpi con la mazzetta azionata dal ‘masto’ con i colpi di una mazza pesante azionata a dua mani dal discepolo. Dopo un certo numero di colpi, per riposarsi, i due martellavano, per alcuni secondi, colpetti sull’incudine improv-visando un concertino ad imitazione di campane festanti, per poi riprendere la battitura. Secondo la forma che il ‘masto’ voleva far assumere, girava e rigirava la barra rovente sotto i colpi. Quando i ferro cominciava ad ingrigire lo rimetteva fra i carboni ardenti per arro-ventarlo di nuovo, riprendere la battitura ripetendo l’operazione fino alla modellatura finale dell’oggetto.
Michelangelo Pucci