mulinéaru

Struttura e macchinario del mulino ad acqua.

Il mulino era costituito da un edificio in muratura a due piani costruito a ridosso del fianco della collina

in prossimità della riva della Fiumarella, da una gora e dal macchinario. Il macchinario era distribuito nei due piani dell’edificio: al piano inferiore, a tre pareti con il fianco aperto verso il fiume, era sistemata una grande ruota a pale (verticale o orizzontale). Al piano superiore era collocata la macchina per macinare composta: 1) da una vasca in muratura con pavimento in cemento liscio, 2) al centro di questa era fissata una pietra circolare (mola fissa), dello spessore di 20-25 cm, con foro centrale a superficie piana irruvidita da piccole scanalature radiali, 3) da una ruota litica lenticolare (mola mobile ruotante), dello stesso spessore della mola fissa o poco meno, con foro centrale e superficie scabra, solidale all’ asse metallico o ligneo collegato con la ruota a pale del piano sottostante, 4) da una tramoggia lignea a forma di piramide rovesciata, con al vertice un foro ad apertura regolabile.

La gora era formata a monte da un bacino di raccolta di parte dell’acqua del fiume, da un canale e da un condotto verticale leggermente a tronco di cono rovesciato in muratura costruito alle spalle dell’edificio del mulino.

Funzionamento del mulino ad acqua
L’acqua raccolta nel bacino a monte veniva convogliata nel canale a lieve pendenza ricavato sul fianco della collina in modo che dopo un percorso di qualche centinaia di metri, a valle si trovasse a livello dell’imboccatura del condotto alle spalle del mulino ad un’altezza di 10-15 metri sul livello del fiume in quel punto. L’acqua precipitava a mulinello nel caditoio, acquistava una certa pressione a causa della forma del caditoio, impattava sulle pale della ruota del piano inferiore e la metteva in moto. Attraverso l’asse verticale il movimento veniva trasmesso, al piano superiore, alla mola ruotante. Un meccanismo consentiva di regolarne la distanza dalla mola fissa. Le granaglie, versate nella tramoggia, cadevano per forza di gravità, come in una clessidra, centralmente nell’interstizio tra le due mole; un meccanismo consentiva di dosarne il flusso reso regolare attraverso le vibrazioni prodotte da un’asticella che poggiava sulla mola rotante. I grani, triturati per lo sfregamento delle due mole, venivano ridotti in farina più o meno fine in dipendenza della loro distanza. Per forza centrifuga la farina veniva espulsa dall’orlo esterno delle mole nella vasca a settore circolare da cui veniva convogliata in una canaletta cui era collegato il sacco di raccolta.

I mulini, nel regime feudale, erano di proprietà del feudatario che in questo modo controllava la produzione e aveva la possibilità di riscuotere il ‘terrage’ o diritto di prelevamento di una parte dei prodotti agricoli, in questo caso di una parte della farina. In regime postfeudale erano di proprietà delle famiglie dei notabili, che, monopolizzando il servizio, riscuotevano un compenso o in danaro o in natura sotto forma di una parte del macinato.

Attività: macinare le granaglie. 

Michelangelo Pucci

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