Storia
Il termine "SCUOLA ATTIVA" fu introdotto nel 1917 da Pierre Bovet per indicare alcune forme di rinnovamento didattico ed organizzativo nella scuola, fondate sull'attività pratica e produttiva degli allievi. Il concetto di scuola attiva fu divulgato nel lessico pedagogico da Adolphe Ferrière nel libro "La scuola attiva" del 1922.
Con questo termine fra il 1920 e il 1930 si indicò un complesso di iniziative e di teorie pedagogiche in cui veniva attribuita importanza preminente alla spontaneità dell'allievo, si insisteva sull'attività manuale e sulla socializzazione nella scuola e si dava priorità alla ricerca rispetto allo studio libresco.
Claparède, Decroly, Dewey fanno precedere e derivare le teorie pedagogiche della scuola attiva da studi della psicologia dell'età evolutiva apportando importanti contributi alla conoscenza scientifica del comportamento percettivo, intellettivo ed emotivo del bambino.
La scuola laboratorio di Dewey, le scuole di Winnetka, il piano Dalton, il metodo dei progetti insistono sul nesso scuola-società e promuovono forme di autogoverno.
Dopo il 1930 la connotazione di attivismo si è fatta più ampia e più generica ed è stata riferita a esperienze e proposte teoriche ispirate a una psicologia non sempre rigorosa del bambino nelle quali l'attività espressiva (disegno, drammatizzazione) e il lavoro di gruppo sono al centro dell'intervento educativo.
In Italia fino al 1945 l'attivismo fu ignorato o rifiutato. Dopo il 1945 si fecero informatori e propugnatori dell'attivismo E. Codignola, L. Borghi, F. De Bartolomeis, A. Visalberghi, ma sia nella prassi scolastica, sia nell'opinione pubblica italiana manca a tutt'oggi una significazione precisa del concetto di attivismo (da Enc. Europea).
Concetto
Gli aspetti più significativi dell'attivismo sono: grande varietà di attività, individualizzazione, approccio problematico dell'apprendimento, accento sui bisogni, quadro sociale dell'esperienza, l'autogoverno, contributo della scuola alla trasformazione della società, ecc.
Alla base della formazione del fanciullo nei suoi aspetti culturali, sociali, morali e affettivi ci devono essere attività spontanee come l'espressione mediante le tecniche e i materiali più diversi, i lavori manuali, le occupazioni individuali e collettive.
In tal modo l'educando assume la responsabilità, anche se opportunamente guidata, di iniziative atte a realizzare una varietà di servizi indispensabili alla vita della comunità scolastica (da Enc. De Agostini).
Michelangelo Pucci