La rupe sottostante il Castello di Castrocucco è conosciuta dai Tortoresi più anziani con il nome di 'Vàvuzu di Menzujùornu', perché fino agli anni '50 del 1900 fungeva da meridiana naturale.
In tempi in cui gli orologi personali eraro rari, il ritmo della vita e del lavoro era scandito in paese dai rintocchi dell'orologio del campanile della chiesa di San Pietro e alla Marina dalla rupe del castello di Castrocucco.
In particolare, lo sperone centrale verticale, che divide la parte frontale dal lato destro, funzionava da gnomone naturale che a mezzogiorno, minuto più minuto meno, proiettava un'ombra verticale fino a metà dell'incavo roccioso che si incurva sulla destra.
I proprietari aspettavano e i lavoranti agricoli attendevano questo segno perché indicava il momento di interrompere il lavoro per rifocillarsi.
La frana ha cambiato un po' la situazione. Il profilo del costone si è modificato perché una parte di esso è crollato. Di conseguenza l'ombra non segna più il mezzogiorno, ma circa le ore tredici.
Lu Vàvuzu di Menzujùornu adesso è per tutti solamente il Castello di Castrocucco.
La buona stella ha impedito che qualcuno patisse. Fino a pochi minuti prima erano transitati il pullman di linea stracarico di studenti e varie auto. Un autocarro, trovatosi sotto la pioggia delle prime pietre ha fatto appena in tempo a retrocedere mettendosi in salvo. Il grosso della frana ha investito la strada ostruendola con massi, alcuni dei quali sono rotolati fino alla spiaggia e al parcheggio attiguo di Castrocucco. Un masso ha sfondato la sede stradale in corrispondenza di un tombino di scolo delle acque piovane.
Sulla china sovrastante la strada sono rimasti in posizione instabile mumerosi massi. La rupe da cui si è staccata la frana presenta delle crepe che lasciano temere nuovi distacchi. Per questo la messa in sicurezza della roccia appare problematica.
Per la tutela delle comunicazioni sono prevedibili tre soluzioni: la prima, quella risolutiva, assolutamente sicura e con minimo impatto ambientale, sarebbe un tunnel che perforasse la montagna un centinaio di metri prima del punto critico; la seconda, pure risolutiva ma sempre a rischio di sfondamento, la copertura con una struttura in cemento armato del tratto interessato da possibili future frane; la terza, quella provvisoria ma sempre ad alto rischio, la messa in sicurezza delle rocce soprastanti e l'apertura al traffico della strada con tutti gli scongiuri del caso.
Michelangelo Pucci