La forma originale e più radicale del monachesimo cristiano fu quella degli anacoreti (anche eremiti (da ερημoς = deserto, eremo) o segregati, dalla preposizione αvα (ana) = lontano e il verbo χωρεω (chorèo) = abito della lingua greca) che vivevano del tutto isolati nei deserti di Egitto o Siria fin dal III sec. (Enc. De Agostini). Gli anacoreti operavano un distacco totale dal mondo: dagli uomini vivendo in solitudine, dagli agi, dalle comodità e dai beni della vita terrena accontentandosi per riparo di una grotta o anfratto o capanna di frasche, per vestito di una veste di tela povera e ruvida o di una pelle di animale o della semplice propria pelle, per cibo di bacche, insetti, lucertole e serpi. Trascorrevano il tempo in preghiera, in meditazione e in penitenza spirituale e corporale. Le figure più note di anacoreti furono Antonio e Girolamo.
La seconda forma del monachesimo cristiano fu quella delle laure (dal greco λαυρα (làura) = gola tra i monti), costituite da raggruppamenti di anacoreti con servizio religioso comune (Enc. De Agostini). Nelle laure il distacco dal mondo era pure totale con la differenza di una mitigazione della solitudine, in quanto gli anacoreti, pur vivendo una parte della giornata isolati e distanziati ognuno nella propria grotta o capanno, erano sottoposti alla guida di un egùmeno o abate e in momenti determinati del giorno si riunivano in un luogo comune per gli uffici religiosi e potevano usufruire di un pasto comune anche se servito separatamente. Si sviluppò dal V sec., costituendo poi dei villaggi attorno a una chiesa.
La terza forma di monachesimo cristiano fu quella dei cenobiti (dal greco κoιvος (coinòs) = comune e βιoς (bìos) = vita, vitto). Il cenobio era contraddistinto da un recinto entro cui i monaci vivevano e lavoravano impegnati a una stretta obbedienza a un capo (egùmeno, abate), all'osservanza della regola stabilita, vestiti di un rozzo saio con cappuccio di foggia e stoffa uguale per tutti, legato alla vita da una corda, prendevano in comune i magri pasti e si riunivano per la preghiera (Enc. De Agostini).
Il cenobio poteva trovarsi sia lontano che in vicinanza o, in alcuni rari casi, entro gli abitati. Il monaco lavorava di solito entro il recinto, ma poteva anche lavorare fuori, quello che contava era che doveva evitare di entrare in relazione con gli estranei.
Il recinto racchiudeva degli edifici destinati alle pratiche e alla vita comune: la chiesa, le cucine, il refettorio, il capitolo; al suo interno erano pure le celle dei singoli monaci, dapprima separate e poi anche unite in un unico fabbricato.
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