Gli Enotri a Blanda

Stele enotria bustrofedica Stele enotria bustrofedica

 Etimologia
Il nome deriva da Oinotròi, termine con cui li designavano i Greci. C’è chi trova una connessione tra Oinotròi e oìnos (vino)

interpretando che il nome sia da connettersi al fatto che, in età storica, gli Enotri, divenuti agricoltori, coltivavano la vite ed erano produttori di vino.

Origini
Non sappiamo con quale nome designavano sé stessi. Quello che è certo è che gli Enotri erano un’antichissima popolazione italica, affine agli Osco-Umbri, che parlava una lingua indoeuropea diversa dal greco. Provenienti, probabilmente, dall’Illiria, si stanziano nell’Italia meridionale in una regione che corrisponde alle attuali Campania meridionale, Basilicata e Calabria a partire dall’età del bronzo. Originariamente organizzati in gruppi tribali, sulla base delle relazioni parentali, gli Enotri, tra la fine del bronzo medio e l’inizio del bronzo finale divengono un’etnia, secondo la leggenda[1] ad opera di Italo, discendente di Enotro[2], il quale avrebbe loro dato leggi e istituzioni, trasformandoli da pastori nomadi o seminomadi in agricoltori sedentari. In realtà il passaggio da una economia all’altra fu fenomeno comune dal IX sec. a.C. fra le genti italiche nell’età del ferro, per rispondere meglio agli aumentati bisogni conseguenti all’incremento demografico.

Organizzazione politica e diffusione territoriale

La sedentarietà e l’accumulazione di derrate alimentari, facendo alzare il rischio di essere vittime di razzie e di sterminio, induce i gruppi tribali a federarsi in associazioni via via più numerose ed estese, prima su base etnica e, successivamente, anche interetnica. Con il passaggio ad una economia agricola e alla sedentarietà gli Enotri occupano i bacini fluviali, principali vie di comunicazione fra il mar Ionio, il Tirreno e il Vallo Diano. Essi si insediano in zone collinari, su alture, per un migliore controllo del territorio e degli itinerari fra il mondo delle colonie greche e quello etrusco. Ne sono esempi Pandosia costruita su un colle tra le valli dell’Agri e quella del Sinni e Blanda costruita sul colle del Palécastro di Tortora per il controllo della valle del Noce che dava accesso al Vallo Diano a nord e della valle della Fiumarella di Tortora che ad est dava accesso alla valle del Lao e attraverso Campotenese alla piana di Sibari.

Dagli inizi del VII sec. a.C. stabiliscono con Greci ed Etruschi relazioni commerciali, cominciando un processo di acculturazione su modelli derivanti da ambedue gli ambienti. Ne è prova la produzione ceramica.

Nel corso del V sec. a.C. si ha un declino della civiltà enotria fino alla sua scomparsa a favore dei Lucani, che, avanzando da nord, ne occupano gradualmente le posizioni.


Produzione ceramica e strumentale
Inizialmente la produzione ceramica presenta forme di tradizione protostorica: accanto a manufatti ad impasto si trovano produzioni di ceramica depurata, a volte dipinta con decorazioni geometriche.         

Nel sec. VII a.C. il corredo vascolare presenta influenze di derivazione tirrenica o greco-orientale, con esempi di decorazione geometrica bicroma.

Nel secolo VI a.C. la produzione vascolare si estende a forme di derivazione tirrenica, appaiono Kantharoi a decorazione bicroma e forme di derivazione greca, in particolare corinzia e greco-orientale; negli arredi funerari compaiono modellini fittili e di case a tempietto.

Alla fine del sec. VI a.C. la produzione vascolare enotria diminuisce a favore di quella di tipo greco, funzionale al simposio.

Notevole era la produzione strumentale: armi, attrezzi da lavoro, utensili per la casa. Si sono trovate anche asce in bronzo non affilate con uso anche pre-monetale 

 

 

Lingua
Gli Enotri parlavano una lingua osca
. Intrattenevano rapporti commerciali con i Greci delle vicine colonie, cedendo i loro prodotti in cambio di vasellame più pregiato e raffinato.


Religione

Era gente pacifica, dedita al lavoro. Praticava, come gli altri popoli italici, una religione simile a quella degli altri popoli italici, mista di animismo e magia, ereditati dalle forme tribali più antiche, di politeismo antropomorfico nelle due forme di tipo uranico (celeste), il dio delle tempeste, il dio del sole, ecc., secondo la tradizione indoeuropea, da connettersi con la vita pastorale, e di tipo ctonio (terrestre), di origine mediterranea, la Terra-madre, Demetra, ecc.. da connettersi con la vita  agricola. Il culto aveva lo scopo di difendere i singoli e le comunità dai pericoli che potevano minacciarli.

Culto dei morti
In questa difesa erano chiamati a collaborare anche i familiari defunti. Di qui il culto dei morti, verso i quali vi era un misto, una ambivalenza di timore e affetto. Gli Enotri credevano nella sopravvivenza, in un certo senso anche fisica dopo la morte in un aldilà, nel mondo dell’oscurità, dove i defunti continuassero in un certo modo a vivere, ad interessarsi dei vivi, ma anche ad aver bisogno degli oggetti usati nel mondo della luce del sole. Questo spiega il culto domestico dei trapassati e la cura delle sepolture corredate dagli oggetti di uso comune nella vita[3].
Nell’età del bronzo gli Enotri praticavano l’incinerazione dei morti. Con il passaggio all’età del ferro nel IX sec. a.C. passano all’inumazione in fosse terragne delimitate da muretti di pietre a secco. I defunti vi venivano stesi supini, vestiti con gli abiti migliori e con un corredo di oggetti di uso quotidiano: armi per gli uomini, monili per le donne, utensili e recipienti di varia grandezza per uomini e donne. 


Abitazioni
Le abitazioni erano costituite da capanne fatte di pali infissi nel terreno con pareti di intelaiature di legno intonacate di fango. Il tetto era fatto di travi e intelaiature di legno coperte da fasci di saracchio (Ampelodesmos tenax) o da fasci di 'erba sala'. Il pavimento era steso in terra battuta o argilla, con focolare e forno centrale. Letti e sedili coperti da pelli erano disposti perimetralmente; così pure i grossi dolii e vasi per la conservazione dell'olio, del vino e delle altre derrate alimentari. Appesi con corde alle travi del tetto contenitori di vimini e, sul letto, le culle di pelle di pecora (nache) per i neonati.

Produzione
Gli Enotri Coltivavano la terra dalla quale traevano le risorse alimentari: cereali come farro, orzo, miglio; legumi come fave, lenticchie, ceci, lupini; frutti come mele, pere, olive e noci, prodotti che conservavano in grandi dolii.
Allevavano il bestiame: bovini per il lavoro, pollame per le uova e la carne, ovini per la carne, il latte e la lana per i tessuti destinati al vestiario e all’arredo da letto.

Producevano vasellame, di varia grandezza e destinazione, di buona fattura e decorata con gusto. Le donne usavano monili, anche di ambra, per ornarsi con una certa raffinatezza.


Alimentazione
La base dell’alimentazione, come per i Lucani, era il “puls, un denso composto di grani pestati (o farro o miglio o spelta) bollito con acqua e latte, e la maza, la focaccia di farina di orzo impastata con acqua, vino, olio e miele. Questa base era completata “da ortaggi crudi o cotti, spesso conditi con olio e aceto, tra cui i più diffusi erano lattughe, porri e bietole, da frutta come mele, pere, fichi, melograni, da legumi,come fave, ceci, lenticchie, da latticini come formaggi e latte. La carne era un alimento eccezionale e raro, lungo le coste e vicino i fiumi maggiore era il consumo di alcuni tipi di pesce piccolo e poco pregiato”.

 
Gli Enotri a Tortora
Testimonianze
sicure sulla presenza degli Enotri nel territorio tortorese ci provengono dagli scavi archeologici effettuati negli anni 1991-95, che hanno restituito alla luce 38 tombe con i loro corredi, datate dalla metà del VI alla seconda metà del V secolo a.C., da una stele litica con iscrizione bustrofedica trovata a S. Brancato e da tracce di un abitato rinvenute sul Palècastro negli scavi successivi. Sembra, a detta degli esperti, che essi qui a Tortora abbiano continuato a prosperare anche dopo la loro estinzione nelle altre aree più a nord.
Gli arredi tombali sono costituiti da vasi di varia grandezza e destinazione di produzione locale, da alcuni vasi di media e piccola grandezza di produzione attica, monili femminili in ambra. Gli arredi di alcune tombe sono esposti nel museo di Palazzo Casapesenna a Tortora Centro Storico (vedi seconda sala).
La stele litica reca una iscrizione, sembra, di carattere sacro in caratteri greco-achei ma in una lingua italico-osca (vedi immagine).


Organizzazione territoriale a Blanda
L’organizzazione territoriale
prevedeva: sul Palestro il centro fortificato con gli edifici sacri, quelli pubblici e le abitazioni dei notabili detenenti il potere politico; ovunque vi fosse del terreno coltivabile nei pianori degli attuali Comuni di Tortora, Aieta, Praia a Mare e S. Nicola Arcella, sparsi nel territorio i pagi (villaggi), paragonabili alle masserie attuali, con le abitazioni dei fattori, con le capanne dei servi e dei lavoranti agricoli, con i depositi di foraggi e di altri prodotti, con i granai, stalle e ovili per l’allevamento del bestiame.

Alla domanda se gli Enotri siano ascendenti degli attuali abitanti di Tortora non si può dare una risposta sicura. E’ probabile di no, se consideriamo, stando all’attuale indagine archeologica, lo spopolamento del territorio nella seconda metà del V sec. prima della venuta dei Lucani e nel corso del 2° secolo a.C. successivamente alle guerre annibaliche.

 



[1]Aristotele - Politica

[2] Dionigi di Alicarnasso - Storie

[3] A. Bernardi – Religioni e culti italici – in La Storia, vol. 3, pag. 684 - Mondadori

[4] A. Bernardi – L’alimentazione della gente italica – in La Storia , vol. 3, pag. 621 - Mondadori

                                                                                        Michelangelo Pucci

 

Per un approfondimento consultare:  

'Gli atti del Convegno di studi' del 18-19 aprile 1998 'Nella Terra degli Enotri' - pubblicati dal Comune di Tortora - Pandemos - 2000;

'Storia della Calabria Antica - vol. 2° - pagg. 141-190; 

vedi 'Palestro' su questo sito.

Michelangelo Pucci

  

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