"Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dàllo ai poveri... ; poi vieni e seguimi" (­Mt.19,21); "Chiunque avrà lasciato case, o fratelli o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna" (Mt.19,29). Queste parole delineano due forme di vita cristiana: quella comune consistente nell'osservanza delle leggi e dei precetti religiosi e quella perfetta consistente nella pratica eroica delle virtù evangeliche: povertà, castità, obbedienza.

Nelle prime comunità cristiane la verginità e la comunione dei beni avevano grande importanza nella prospettiva del distacco dal mondo. Ma fu solo successivamente al '300 d.C. che ebbe rapida diffusione il monachesimo sia sotto forma eremitica che cenobitica, in coincidenza della politica di pacificazione religiosa dell'imperatore Costantino. Essa portò al cristianesimo masse enormi di seguaci, che inevitabilmente abbassarono il livello morale delle comunità, mentre i vescovi vennero ad assumere spesso dignità e poteri terreni non sempre in accordo con i principi evangelici. In questa situazione un numero cre­scente di cristiani fuggì dal mondo alla ricerca di una rigorosa osservanza evangelica (Enc.Europea).

I monasteri

I monasteri

Le figure più note di anacoreti furono Antonio e Girola­mo.

Il fondatore del cenobitismo fu Pacomio che nel 320 fondò il primo monastero a Tebennisi sulle rive del Nilo.

La prima regola fu dettata da Basilio di Cesarea. I mona­steri basiliani si diffusero in Oriente, in Grecia, in Sicilia e Italia Meridionale.

In Occidente si affermarono due regole: quella dell'irlandese-celto Colombiano con irradiazioni in Germania, Svizzera e Italia; e quella del romano-italico Benedetto da Norcia, con irradiazioni in Italia, Inghilterra, Paesi Bassi, Scandinavia, Germania e Francia. Nella prima prevaleva il rigore ascetico e il lavoro di cultura: la trascizione di codici. La seconda era più moderata per il rigore ascetico, ma era più organica nel definire preghiera comune e lavoro con finalità sociali, compreso il lavoro manuale.

Il monachesimo benedettino ebbe origine nel 529 a Montecassino, Terracina, Subiaco. Ancora vivente Benedetto, ebbe larga diffusione in Italia. Sotto il pontificato di Gregorio Magno ebbe inizio la diffusione in Europa a cominciare dall'Inghilterra, proseguendo sotto il pontificato di Bonifacio in Germania , nei Paesi Bassi e in Scandinavia.

Dopo un periodo di progressiva decadenza rifiorì a Cluny (910), con il ritorno alla purezza della regola benedettina. Diversi adattamenti alla regola diedero origine  a diverse congregazioni (di Camaldoli, di Vallombrosa, di Montevergine, dei Silvestrini, dei Celestini, degli Olivetani). Successivi rilassamenti della regola provocarono la riforma dei Cistercensi (1098) e infine nel 1599 dei Trappisti o Cistercensi riformati.

La regola benedettina abbandona il principio orientale della fuga dal mondo e dell'autopunizione per meritare il perdono di Dio. Impone invece il servizio di Dio  nelle tre forme della  preghiera, dell'attività manuale e di quella intellettuale, strumenti diversi di santificazione e di amore al prossimo.

Essa comanda l'umanità: non ordina l'impossibile, ordina di aver riguardo al fratello infermo, toglie alla fatica il carattere punitivo ed espiatorio, ordina di mettere i beni in comune, chiede a ciascuno di lavorare secondo le sue possibilità e distribuisce i prodotti secondo i bisogni di ognuno (Agasso: Storia d'Italia -Mondadori - pag. 152).

Mentre il monachesimo orientale non dava importanza al tempo , Benedetto invece lo rivaluta come una ricchezza da investire oculatamente in certi modi all'unico fine della perfezione. Per lui non esistono ore vuote, da dissipare a piacimento: egli fonda tutto sulla stabilitas: con la comunità fissata stabilmente in un luogo e il monaco fissato alla comunità. Il monaco lavora, prega, si riposa secondo un ritmo prestabilito che non richiede eroismo ma perseveranza, un ritmo umano, ma appunto per questo da rispettare rigorosamente. La giornata del monaco seguiva la cadenza tradizionale , ereditata da Roma, di tre ore in tre ore: mattutino (mezzanotte), laudi (ore tre), prima (ore sei), terza (ore nove), sesta (ore 12, mezzogiorno), nona (ore quindici), vespri (ore diciotto), compieta (ore ventuno). Il dì e la notte erano sempre ciascuna di dodici ore: l'ora però era di durata variabile: le ore notturne più lunghe d'inverno e più brevi d'estate, quelle diurne al contrario più brevi d'inverno e più lunghe d'estate (ibid.pag.154).

L'idea fondamentale era che il monastero dovesse bastare a sé stesso, formare un sistema economico completo e una società vivente a sé, autonoma, sotto l'autorità paterna, ma assoluta, dell'abate.

Il monastero costituiva una unità economica la cui base era la proprietà e il lavoro: la proprietà, acquisita o con la semplice occupazione di terreni nullius, o a seguito di dona­zioni; il lavoro, quello dei monaci e quello dei coloni accorsi spontaneamente o donati insieme con le terre. Il terreno intorno al monastero veniva disboscato, dissodato, e ridotto ad orto, a frutteto, a campo (Salvatorelli, ibid, pag.152).

Forme e sviluppi del monachesimo

La forma originale e più radicale del monachesimo cristiano fu quella degli anacoreti (anche eremiti (da §ρημoς = deserto) o segregati, dalla preposizione •vα (ana) = lontano e il verbo χωρέω (choreo) = abito della lingua greca) che vivevano del tutto isolati nei deserti di Egitto o Siria fin dal III sec. (Enc. De Agostini). Gli anacoreti operavano un distacco totale dal mondo: dagli uomini vivendo in solitudine, dagli agi, dalle comodità e dai beni della vita terrena accontentandosi per riparo di una grotta o anfratto o capanna di frasche, per vestito di una veste di tela povera e ruvida o di una pelle di animale o della semplice propria pelle,  per cibo di bacche, insetti, lucerto­le e serpi. Trascorrevano il tempo in preghiera, in meditazione e in penitenza spirituale e corporale.

La seconda forma del monachesimo cristiano fu quella delle laure (dal greco λαύρα (làyra) = gola tra i monti), costituite da raggruppamenti di anacoreti con servizio religioso comune (Enc. De Agostini). Nelle laure il distacco dal mondo era pure totale con la differenza di una mitigazione della solitu­dine, in quanto gli anacoreti, pur vivendo una parte della giorna­ta isolati e distanziati ognuno nella propria grotta o capanno, erano sottoposti alla guida di un egùmeno o abate e in momenti determinati del giorno si riunivano in un luogo comune per gli uffici religiosi e potevano usufruire di un pasto comune anche se servito separatamente. Si sviluppò dal V sec., costituendo poi dei villaggi attorno a una chiesa.

La terza forma di monachesimo cristiano fu quella dei cenobiti (dal greco κoιvός (coinòs) = comune e βίoς (bios) = vita, vitto). Il cenobio era contraddistinto da un recinto entro cui i monaci vivevano e lavoravano impegnati a una stretta obbedienza a un capo (egùmeno, abate), all'osservanza della regola stabilita, vestiti di un rozzo saio con cappuccio di foggia e stoffa uguale per tutti, legato alla vita da una corda, prendeva­no in comune i magri pasti e si riunivano per la preghiera (Enc. De Agostini).

Il cenobio poteva trovarsi sia lontano che in vicinanza o, in alcuni rari casi, entro gli abitati. Il monaco lavorava di solito entro il recinto, ma poteva anche lavorare fuori, quello che contava era che doveva evitare di entrare in relazione con gli estranei.

Il recinto racchiudeva degli edifici destinati alle pratiche e alla vita comune: la chiesa, le cucine, il refettorio, il capitolo; al suo interno erano pure le celle dei singoli monaci, dapprima separate e poi anche unite in un unico fabbricato.

 

Concetto

Concetto
Il monachesimo cristiano è l'istituzione nella quale, mediante l'isolamento dal mondo, con la rinunzia ai beni (asceti­smo)[1] si cerca di raggiungere la salvezza, ma pure l'intimità con Dio come partecipazione più piena e intensa alla realtà divina già in questo mondo con la sua contemplazione (misticismo)[2] (Enc. De Agostini).

L'ascetismo si propone il dominio degli impulsi sensibili fino alla loro soppressione. Un suo aspetto preminente è la ricerca di una tecnica della rinuncia ai piaceri sensibili, che si concreta generalmente nell'astensione dal cibo o nell'uso di cibi ingrati, nella resistenza al sonno, nel contrastare gli appetiti anche sessuali, nella sopportazione del dolore fisico (Enc. Europea).
Esso comporta quindi astinenze, digiuni, mortificazioni corpora­li e psichiche.

Il misticismo cristiano è la particolare esperienza religiosa che consiste in una speciale immediatezza di contatto espe­rienziale con la divinità, colta intuitivamente, superando le mediazioni caratteristiche di ogni altra espressione religiosa, ed attuata con il distacco dalla condizione umana nella storia con le sue limitazioni spazio-temporali e con la comunione con Dio. Esso può esprimersi anche attraverso stati psichici speciali come visioni ed estasi cui possono accompagnarsi il rallentamento di attività materiali (anestesia, trance) e talvolta fenomeni eccezio­nali (levitazione, stimmate, ecc.). (da Enc. Europea)

Il misticismo è favorito dall'ascetismo.

Gli stati psichici speciali che l'accompagnano non sono sempre segno di misticismo, poiché possono accompagnarsi ad altri fenomeni potendo essere indotti anche da altre cause: droghe, danze sfrenate, suoni di tamburi, ecc. (Enc. De Agostini).



[1] Dal greco –σκησις = esercitazione da •σκέω = esercito, coltivo

[2]Dal greco μυστικός = avvolto nel mistero, misterioso

Origini

Origini 

"Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dàllo ai poveri... ; poi vieni e seguimi" (­Mt.19,21); "Chiunque avrà lasciato case, o fratelli o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna" (Mt.19,29). Queste parole delineano due forme di vita cristiana: quella comune consistente nell'osservanza delle leggi e dei precetti religiosi e quella perfetta consistente nella pratica eroica delle virtù evangeliche: povertà, castità, obbedienza.

Nelle prime comunità cristiane la verginità e la comunione dei beni avevano grande importanza nella prospettiva del distacco dal mondo. Ma fu solo successivamente al '300 d.C. che ebbe rapida diffusione il monachesimo sia sotto forma eremitica che cenobitica, in coincidenza della politica di pacificazione religiosa dell'imperatore Costantino. Essa portò al cristianesimo masse enormi di seguaci, che inevitabilmente abbassarono il livello morale delle comunità, mentre i vescovi vennero ad assumere spesso dignità e poteri terreni non sempre in accordo con i principi evangelici. In questa situazione un numero cre­scente di cristiani fuggì dal mondo alla ricerca di una rigorosa osservanza evangelica (Enc.Europea).

 

Origini

Origini

"Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dàllo ai poveri... ; poi vieni e seguimi" (­Mt.19,21); "Chiunque avrà lasciato case, o fratelli o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna" (Mt.19,29). Queste parole delineano due forme di vita cristiana: quella comune consistente nell'osservanza delle leggi e dei precetti religiosi e quella perfetta consistente nella pratica eroica delle virtù evangeliche: povertà, castità, obbedienza.

Nelle prime comunità cristiane la verginità e la comunione dei beni avevano grande importanza nella prospettiva del distacco dal mondo. Ma fu solo successivamente al '300 d.C. che ebbe rapida diffusione il monachesimo sia sotto forma eremitica che cenobitica, in coincidenza della politica di pacificazione religiosa dell'imperatore Costantino. Essa portò al cristianesimo masse enormi di seguaci, che inevitabilmente abbassarono il livello morale delle comunità, mentre i vescovi vennero ad assumere spesso dignità e poteri terreni non sempre in accordo con i principi evangelici. In questa situazione un numero cre­scente di cristiani fuggì dal mondo alla ricerca di una rigorosa osservanza evangelica (Enc.Europea).

 

Valore culturale

Il monachesimo cenobitico, soprattutto quello benedettino, diffusosi in tutta l'Europa occidentale dall'Italia all'Inghilterra e dalla Francia alla Germania, ne fondò l'unità culturale e segnò l'inizio della rinascita civile del continente.   

I monasteri nell'Europa occidentale 

Quasi generale è il riconoscimento da parte degli storici della funzione civilizzatrice e culturale dei monasteri (Enc. De Agostini), in quattro settori: delle lettere, delle arti figurative, della musica, del lavoro agricolo e artigianale.

   a) Nel campo delle Lettere  di importanza capitale furono gli Scriptoria istituiti in ogni monastero benedettino. Essi diven­nero centri di recupero, di trascrizione e di conservazione dei testi antichi, non solo di contenuto religioso, ma i più vari, interessanti tutto lo scibile umano. Testi che via via andavano ad arricchire le biblioteche nelle quali ferveva un intenso lavoro di studio e di duplicazione dei testi stessi. Le biblioteche furono il presupposto necessario per lo sviluppo delle scuole: sia le scholae clausae (riservate ai religiosi), sia le scholae apertae (cui accedevano anche alunni esterni). Da questi vivai di cultura uscì una fitta schiera di uomini illu­stri, che onorarono e dominarono il loro tempo: papi, lette­rati, storici, filosofi, educatori, inventori; che vivificarono ciascuno nel proprio campo la cultura europea.

b) Nel campo dell'Arte: la necessità di costruire i monasteri nella loro varietà architettonica, come complessi di una molteplicità di servizi, portò all'affinamento dell'arte co­struttiva e di quella decorativa. La regola benedettina accanto alla preghiera prevedeva attività lavorative; accanto al chiostro e alla chiesa erano necessari vari ambienti: dormitori, cucine, refettori, alloggi per l'abate, per i monaci, per i coloni, per i servi, magazzini, officine, scuderie, stalle, portinerie, infermerie, cimiteri. Gli sviluppi di quest'arte ebbero inizio dalla ripresa dell'arte paleocristiana, prosegui­rono nella creazione dell'arte romanica prima e di quella gotica poi.

Relativamente alla decorazione dei vari ambienti, i monaste­ri importarono artisti bizantini dei quali in un primo tempo ripeterono i motivi, in tempi successivi evolsero verso forme gradualmente più originali, sostituendo i fissi e ieratici modelli bizantini con figure dotate di un certo moto drammatico. Largo contributo alla diffusione dell'arte benedettina venne dalla scuola miniatoria cassinese.

c) Nel campo della musica, particolarmente importante fu la funzione svolta dai Benedettini dal medioevo in poi. La musica gregoriana trovò nei monasteri benedettini centri di conservazione e di diffusione; in essi si svilupparono centri scrittorii e si elaborarono fondamentali innovazioni nella composizione e nella teoria del canto e della musica sacra e liturgica (da Enc. De Agostini).

d) Nel campo della produzione agricola e artigianale, l'apporto dei monaci benedettini fu notevole e decisivo. Furono i monaci a riscoprire nei testi antichi e a rimettere in atto le dimenticate tecniche di coltivazione, di allevamento del bestiame e di lavorazioni artigianali, per rispondere alle esigenze della comunità monasteriale. Tecniche via via perfezionate e insegnate agli operatori esterni.

Per tutti questi motivi i monasteri a ragione sono stati definiti fari di civiltà nel medioevo. 

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