anche se quasi sommersi da arbusti infestanti l’interno e i dintorni, hanno sempre acceso la fantasia dell’osservatore per via della loro struttura cilindrica che ne include un'altra a prisma quadrato e del rivestimento ad ‘opus incertum’ quasi ‘reticulatum’.
Queste caratteristiche fin da allora ne facevano opinare la costruzione ad epoca romana. Non possedendo competenze specifiche, erroneamente le interpretavamo come rovine di una torre o di un faro.
Il mistero sulla loro qualificazione e destinazione è stato sciolto dagli esperti in occasione della prima pulizia e delle indagini archeologiche, che ne hanno svelato la natura e la funzione funeraria.
I ruderi appartengono ad un mausoleo romano eretto per onorare un personaggio eminente della vita pubblica del municipium che si ergeva sulla cima del Palèstro.
Secondo il costume dei Romani, per il quale le tombe monumentali delle famiglie patrizie erano erette lungo le vie consolari fuori dell’abitato, il mausoleo del Pèrgolo sorgeva lungo la via Aquilia. Questa, provenendo da sud, procedeva lungo un percorso costiero fino a questo punto, poi, non potendo seguire la costa per le alte scogliere dell’attuale Acquafredda, si addentrava nella valle del Noce, girava attorno al monte Coccovello percorrendone il fianco orientale, scendeva a Sapri e di qui proseguiva per il Cilento.
Il mausoleo è costruito in doppio perimetro, uno esterno di forma anulare, uno interno di forma quadrata. Al centro si ergeva un pilastro quadrato con foro centrale che metteva in comunicazione la vetta della costruzione con il loculo del defunto; attraverso esso i parenti, in occasione del ‘refrigerium’ (1), calavano la porzione di cibo che gli spettava da vivo. I perimetri murali erano destinati a contenere il tumulo di terra che copriva la tomba.
Per maggiori particolari si rimanda all’esauriente esposizione di G. F. LaTorre nel suo libro ‘Il Mausoleo di Blanda Julia – Rubbettino – 2003.
Michelangelo Pucci
(1) Il 'refrigerium' (conforto) presso i romani era il banchetto consumato da parenti ed amici in onore del defunto a conforto sia dei vivi sia della stessa persona deceduta che si immaginava presente e partecipante. Ancora oggi a Tortora il destinatario di un'elemosina a ringraziamento dice: Sìjini rimbrisc'chéati dd'ànimi di lu prigatòriu!, Siano sinfrescate (confortate) le anime del purgatorio! Nel convincimento che quello che si dà ai poveri è dato ai propri cari defunti.