Le molteplici matrici del Cristianesimo sono da ricercarsi lungo un arco di due o tre secoli.
Il territorio di Tortora è molto vario. Si sale da un ambiente marino a quello collinare e a quello montano nel tratto di pochi chilometri
Uno dei primi vocaboli che si leggono nel ‘Dizionario del dialetto tortorese’ è ‘abbachéa’. E’ un verbo quasi esclusivamente usato nella terza persona nelle espressioni: mi, ti, ri, ni, vi, ri ci abbàca, abbacàva, abbacàji, ecc. molto comuni in molti dialetti meridionali.
Quando una persona si preoccupa eccessivamente per un qualche cosa, quando se ne dà troppo pensiero, l’amico esclama: ‘ti ci abbàca!’ volendogli dire ‘non te ne dar pensiero!’, ‘non hai altro da pensare!’.
Quando qualcuno si affatica eccessivamente nella realizzazione di una qualche cosa senza che i suoi sforzi approdino a risultati utili, l’amico esclama: ‘ti ci abbàca!’ nel significato ‘non ti ci distruggere!’, ‘non perderci tempo!’, ‘non sprecarci fatica!’, ‘non hai altro da fare!’, ‘chi te lo fa fare!’.
Volendo capire come si arriva a queste traduzioni dobbiamo rifarci all’etimologia latina della parola. Essa deriva dal verbo intr. latino ‘vacare’, in Cesare e Ovidio ‘essere vuoto’, in Livio e Cicerone ‘non essere occupato’, in Quintiliano ‘aver tempo per …’; accogliendo quest’ultima accezione, l’espressione ‘ti ci abbàca!’ si traduce in senso proprio ‘hai tempo per pensieri o fatiche inutili!’ oppure ‘hai tempo da perdere!’
Michelangelo PUCCI
A lìettu strìttu cùrcati mmìenzu - Se il letto è stretto accomodati nel mezzo.
La capacità di adattamento è una virtù ma anche una furbizia!
Féa’ li cannìsti vacàndi - adulare qualcuno a parole ma senza apportagli alcun utile - La modalità più ipocrita di intrattenere i rapporti sociali.
Filosofia e Scienza hanno sempre ritenuto il tempo una entità, come un contenitore entro cui si svolgono gli eventi. La prima voce discorde autorevole nell'antichità è quella del filosofo Agostino di Ippona vissuto a cavallo fra il IV e il V secolo d.C., il quale nega l'esistenza del tempo come realtà fisica, ma lo ritiene una realtà psicologica, una distensione dell'anima; un'altra autorevole voce alla fine del 1700 è quella del filosofo Kant, il quale, come Agostino, nega al tempo la qualifica di realtà fisica e lo definisce una forma a priori soggettiva della sensibilità, forma come condizione che permette di fare esperienza ma non è oggetto di esperienza.
In ambito scientifico, all'inizio del 1900, nella Teoria della Relatività Ristretta, Einstein definisce il tempo una misura degli eventi, variabile dipendente dalla velocità del sistema da cui essi vengono osservati.
Due eventi visti da un sistema in stato di inerzia sono visti come simultanei, ma osservati da un sistema in moto uno è visto prima e l'altro è visto dopo e il divario temporale è tanto maggiore quanto più elevata è la velocità.
Un evento in un sistema in stato di inerzia ha una certa durata, ma osservato da un sistema in moto dura di meno in funzione della sua velocità.
Lo scorrere del tempo rallenta in un sistema in moto in funzione della velocità dello stesso.
Ma poiché la velocità è una dipendente dalla quantità di energia impiegata per l'accelerazione dallo stato di inerzia fino a far raggiungere al sistema la velocità data, la variazione temporale, in definitiva, è una variabile dipendente dalla quantità di energia impiegata.
Più energia impiego per produrre un evento meno tempo dura.
(per un approfondimento vedi opuscolo sulla relatività ristretta e, per chi vuole prendere conoscenza dell'argomento dalla fonte, legga A.Einstein - Relatività: Esposizione divulgativa - ed. Boringhieri 1967)
Michelangelo Pucci