Storia

Storia (31)

Nel 1700 il regno di Napoli riacquista l'indipendenza sotto la protezione spagnola. I primi decenni del 1700 videro
- tre mutamenti dinastici nel regno di Napoli: tra il 1701 e il 1707 i Borboni di Spagna; tra il 1707 e il 1734 gli Asburgo d’Austria; nel 1734 ritorno dei Borboni con un re proprio di Napoli  con l’indipendenza del regno;

Con l’estinzione della dinastia aragonese e la successione di Carlo V, che visitò la Calabria nel 1535, ebbe inizio la dominazione straniera nell’Italia meridionale, che durerà un paio di secoli. 

Fino a questo punto della ricerca storica non sono emersi documenti del tempo che aprano un qualche barlume sulla storia di Tortora. Sappiamo solo che il Castello delle Tortore cambia nome in Terra di Tortora.

Questo cambiamento ci dice che nella seconda metà del secolo XI il territorio tortorese divenne un feudo dei Normanni, che, appunto, chiamavano ‘Terre’ i loro feudi. Normanna era sicuramente la famiglia Cifone, un cui componente, Giliberto Cifone era signore di Tortora nell’ultimo periodo della dominazione normanna. Il feudo di Tortora doveva essere stato della famiglia Cifone fin dall’inizio della dominazione normanna, se è vero, come sembra, che Giliberto avesse ereditato il feudo dagli avi. Dopo Giliberto lo ereditò il figlio Rinaldo, che viene citato nei primi documenti feudali (vedi il successivo periodo svevo).
Da mercenari e rapinatori a Re, i Normanni, provenienti dalla Normandia in Francia, erano originariamente dei Vikinghi scandinavi. Mentre i primogeniti ereditavano i possedimenti di famiglia, i numerosi figli cadetti, addestrati pure essi alle armi, si mettevano al servizio come mercenari di chiunque ne richiedesse i servigi. In questa qualità arrivarono anche nell’Italia meridionale, ora al servizio dei Bizantini, ora al servizio dei Longobardi. Mal pagati, per guadagnarsi da vivere secondo le loro esigenze, operavano anche in proprio rapinando e spogliando chiunque, in particolare chiese e monasteri, dei loro possedimenti e ricchezze, ricorrendo ora alla forza ora all’inganno. Infeudatisi cominciarono la conquista in proprio di territori.
Arrivarono in Calabria nel 1037 al servizio di Guaimaro V, principe di Salerno, nel corpo di spedizione contro i Bizantini agli ordini di Gerace. In discordia con questi abbandonarono la spedizione e si misero in proprio. Il normanno Drogone, per liberarsi della presenza scomoda del fratello Roberto, gli costruì una fortezza in legno, gliela donò e lo insignorì nominalmente di tutta la Calabria. Roberto, presto raggiunto dal fratello Ruggiero con 60 cavalieri, con il sistema delle rapine, dei sequestri di persona e di colpi di mano riuscì ad impadronirsi di vari monasteri, di castelli e città fortificate allargando i suoi possedimenti nella Calabria centro-meridionale. Nel 1059 conquistò Reggio ed assunse il titolo di Duca della Calabria. Ricevuta nello stesso anno l’investitura ufficiale dal papato nel concilio di Melfi. Nel 1072, dopo Messina, Ruggero espugnò Palermo e conquistò la Sicilia togliendola agli Arabi. Morto Roberto, la successione dei possedimenti calabresi passò a Ruggero che, in questo modo, riunì Calabria e Sicilia. Nel 1130 questi possedimenti furono costituiti in regno  con Ruggiero II.
I musulmani di Sicilia che avevano accettato il potere normanno erano da questo tollerati e integrati sia nell’amministrazione sia nell’esercito. Quelli che, per un qualche motivo, diventavano irrequieti o scomodi venivano deportati e mandati al confino in Calabria, di solito in castelli lungo la costa, ad Amantea, a Tropea, a Scriba ecc. (vedi toponimi ‘Saracina’, ’Saracinello’ e simili diffusi in quasi tutte le località della costa). E’ da supporre che un piccolo gruppo di saraceni sia stato confinato anche a Tortora e con il tempo integrato, come prova il toponimo ‘La Saracina’, località sopra il cimitero, quello siciliano di ‘Rametta’, vico accanto alla piazza, e numerose parole dialettali riconducibili ad etimi arabi.
A quest’epoca risale l’importazione e la diffusione nel nostro territorio degli alberi di gelso per l’allevamento del baco da seta.
Il periodo dei Normanni ebbe termine nel 1194 con la morte di Tancredi. 
                                                                               Michelangelo Pucci
Altri periodi:

Con la morte di Luigi III (1434), pretendente al trono di Napoli, e della regina Giovanna II (1435) si estinse la dinastia dei D’Angiò di Napoli. La successione passò ad Alfonso D’Aragona adottato dalla regina Giovanna.

La presa di possesso del regno e il suo mantenimento da parte degli Aragonesi non fu pacifico. Già Alfonso, contrastato da ribellioni soprattutto in Calabria, fu costretto ad una guerra decennale per domare le rivolte. Solo nel 1445, con la conquista di Catanzaro, se ne poté ritenere padrone. Nel 1448 Francesco Sanseverino fu nominato Duca di Scalea.

Alla morte di Alfonzo (1458), gli succedette il figlio Ferrante, gradito al papa Eugenio IV. Ferrante dovette affrontare un’altra ribellione domata nel 1464 dal duca di San Marco Luca Sanseverino. Ferrante operò per favorire le autonomie municipali per indebolire il baronaggio.

Nel 1485-86 il regno fu sconvolto da una nuova guerra, che vide ancora la Calabria come terreno di scontro. Assegnata al duca Cesare D’Aragona le condizioni economiche della regione si aggravarono ulteriormente.

Morto Ferrante (1494), Carlo VIII di Francia invase il regno di Napoli. La guerra che seguì tra Francesi e Spagnoli vide vincitori questi ultimi (1501). Ma dopo pochi anni (1509) la dinastia degli Aragonesi si estinse e i diritti successori passarono agli eredi del regno di Castiglia, Giovanna la pazza e suo figlio Carlo, il futuro Carlo V.

Nel 1400 Tortora fu feudo di Carluccio Lauria, barone di Abatemarco, Aieta e Grisolia.
Nel 1445 il feudo passò a Tommaso Lauria. Nel 1458 Tortora e Aieta furono staccate da Abatemarco e Grisolia.
Nel 1496 il feudo di Aieta e Tortora fu donato dal re Ferdinando II a Giovanni de Montibus per servigi resi alla corona in occasione dell'invasione di Carlo VIII.

Nel sessantennio di dominazione aragonese, in contrasto con la depressione generale della Calabria, nelle terre del principe di Bisignano: Abatemarco, Bonifati, Sangineto, Tortora, furono incentivati la lavorazione dei prodotti agricoli, le vendite, gli scambi. In particolare si moltiplicarono i trappeti di zucchero, le culture del cannamele, la produzione della seta. A Tortora in particolare, fu destinata a queste produzioni la contrada ‘Impresa’, mentre i locali di Torre Nave furono adibiti alla raffinazione degli zuccheri.
Ricordo di questo periodo sono i termini tortoresi derivanti da etimi spagnoli.

                                                                                  Michelangelo Pucci

 

Nel 1265 Carlo d’Angiò, fratello del Re di Francia, fu investito del Regno di Sicilia in S. Giovanni in Laterano dal Papa Clemente IV (il francese Guy Fouquois).

Gli Svevi, non senza contrasti, pervennero in Calabria e Sicilia per via ereditaria. Costanza, figlia del normanno re di Sicilia Guglielmo II, sposa di Enrico VI di Germania, invano pretese la successione al padre alla sua morte avvenuta nel 1189.

Un periodo molto travagliato dalle lotte tra i Greci dell'Impero d'Oriente da una parte e  Goti prima e Longobardi poi dall'altra

E' il periodo di più lunga prosperità. Organizzata sia civilmente, sia produttivamente secondo il sistema municipale, la città si integra nella struttura economica romana.

I Lucani a Blanda

Etimologia
Fra le varie ipotesi etimologiche il nome 'Lucani' è fatto derivare dal greco 'lycòs' (lupo) o dal latino 'lucus' (bosco, radura nel bosco), ecc. ma la radice filologica più accreditata è l'indoeuropeo sanscrito 'luc' (che fa riferimento alla luce, a tutto ciò che è luminoso).

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