Il toponimo, molto probabilmente, deriva dal nome di una laura di monaci greco-bizantini dedicata ai Santi Quaranta martiri di Sebaste, soldati della guarnigione di Sebaste in Armenia, della Legio XII, che, secondo la testimonianza di S.Basilio, S.Gregorio Nisseno e S.Efrem, durante la persecuzione di Licinio, per non aver voluto rinnegare la propria fede, furono legati nudi ed immersi in uno stagno gelato dove morirono assiderati e poi bruciati.
Santi Quaranta è una contrada montana situata a nord del monte Rotondella e ad est del monte Cocuzzata. E’ una mezza conca irregolare situata in un quadrante di 1000 x 1800 metri circa, circondata da cocuzzoli più o meno alti, si apre solo in direzione NO sulla valle del Noce. In direzione SE-NO è attraversata da un canalone che scarica le acque meteoriche nel Noce. Al centro della conca vi è una zona per lo più in declivio dolce e in qualche tratto pianeggiante destinata alle coltivazioni, situata ad una altitudine media s.l.m. di 520 m. circa. E’ l’unica contrada tortorese senza sorgenti.
L’acqua per usi domestici, fino a poco tempo fa, era attinta da cisterne, che ognuno aveva sotto casa, che raccoglievano le acque piovane rifluenti dai tetti. L’acqua da bere era attinta da sorgenti a valle in barili trasportati a dorso d’asino. Adesso è rifornita di acqua potabile da un acquedotto. Fino a qualche decennio fa era alquanto isolata e depressa, collegata al paese e alle contrade vicine con mulattiere disagevoli. Da pochi decenni è collegata al Centro Storico da una carrabile asfaltata che di recente è stata prolungata fino a Pizinno.
Gli abitanti, dediti da secoli alla pastorizia e all’agricoltura, grazie alle più rapide comunicazioni, cominciano a migliorare le proprie condizioni. Ultimamente Santi Quaranta si va proponendo ad un turismo di nicchia con una iniziativa nel campo dell’agriturismo e propone prodotti caseari e altri caserecci cotti nel forno tradizionale.
Michelangelo Pucci