Il toponimo certamente risale all’età bizantina (VII-XI sec.). Il sito era presumibilmente occupato da una laura di monaci di lingua greca, di provenienza egizio-palestinese-siriaca, che dedicarono la loro laura ad un loro santo. Dopo l'abbandono del Palècastro, i Blandani vi insediarono il nuovo abitato che continuarono a chiamare "Blanda". Sembra confermare questa ipotesi il ritrovamento delle fondazioni di una chiesetta di stile bizantino o longobardo sull’orlo sud-est del terrazzamento, la sua costruzione è datata dagli esperti al VI-VII secolo d.C. con abbandono intorno al XIII secolo d.C. , una lettera del 592 nella quale il Papa Gregorio Magno raccomanda al Vescovo di Agropoli di visitare la Chiesa di Blanda priva di clero e infine la citazione nei documenti ecclesiali della partecipazione di due vescovi blandani ad eventi ecclesiastici romani: Pasquale al concilio lateranense del 649 e Gaudioso al sinodo romano del 745.
Il nome di San Brancato ormai è citato, non solo nelle pagine della cronaca, ma anche e soprattutto nelle cronache degli studiosi e nelle pagine delle loro pubblicazioni specialistiche, per il ritrovamento, inizialmente casuale nel 1991, di oltre 120 tombe arcaiche enotrie e lucane con i loro arredi di vasi squisitamente decorati, di monili ed oggetti di uso quotidiano. Alcuni di questi reperti, magistralmente restaurati, si possono ammirare e studiare nelle vetrine del museo di Palazzo Casapesenna al Centro Storico di Tortora.
Questi ritrovamenti dimostrano che la contrada era abitata e coltivata da popolazioni italiche (Enotri e Lucani) dal VI al III secolo a.C. e da coloni romani dal III sec. a.C. al VII sec. d.C. .
Prima dell’abbandono di qualche decennio fa il pianoro era coltivato a cereali e uliveti.
La contrada era un nodo importante dell’antico sistema viario che univa la costa all’interno: da qui si dipartivano le due mulattiere che scendevano al piano, una passava per le Crisose, l’altra attraversava i Poiarelli; di qui passavano le altre due mulattiere per l’interno, una lungo la valle del Noce per Trecchina e Lagonegro, l’altra lungo la valle della Fiumarella per Tortora e Laino.
Michelangelo Pucci