Coltivazione, lavorazione e conservazione dei fichi a Tortora

I fichi secchi nei periodi di carestia, specie durante l'ultima guerra mondiale 1940-1945, oltre che aver salvato

da morte per fame tantissime persone, a Tortora erano usati come merce di scambio con altri prodotti alimentari (patate, grano, legumi, ecc.) nei paesi vicini; erano dati anche in elemosina agli accattoni. 

Coltivazione
La coltivazione del fico è molto antica. Due ricercatori americani, Ofer Bar-Yosef dell'università di Harvard e Mordechai E.Kisleve Anat Hartmann della Bar-llan University, hanno scoperto nella bassa valle del Giordano nel sito archeologico di Gigal I, risalente a 11.400 anni a.C., nove piccoli fichi preparati per essere consumati successivamente. La scoperta dimostra che i fichi erano coltivati nel Medio Oriente intorno a 5.000 anni prima della coltivazione del grano e dell'orzo .
Opere d'arte, letterarie e religiose testimoniano la considerazione di cui il fico godeva presso tutte le popolazioni dell'antichità: Semiti, Fenici, Indiani, Greci e Romani. Nel libro della Genesi si riferisce che Adamo e Eva, dopo il peccato, avendo preso coscienza di essere nudi si coprirono con foglie di fico; in altre parti della Bibbia il fico è citato come simbolo di abbondanza. I Fenici consumavano i fichi nel corso dei loro viaggi per il Mediterraneo e ne diffusero la coltivazione nei paesi rivieraschi. Gli indiani lo ritenevano un albero sacro. Nella Grecia antica il fico appare in molti miti erotici e la pianta era sacra a Dioniso; Omero la cita nell'Odissea allorché racconta che Polifemo utilizzava il lattice per far cagliare il formaggio, pratica che continuò ad essere diffusa fino all'età classica, tanto che il medico Ippocrate nel V sec. a.C. consigliava di adoperare il caglio animale in alternativa al lattice di fico; lo stesso Aristotele cita la pratica del lattice; Platone apprezzava i fichi, di cui era ghiottissimo, tanto da raccomandarne il consumo agli amici e ai suoi studenti per rinvigorire l'intelligenza. Anche a Roma il fico era ritenuto pianta sacra per il fatto che la cesta che conteneva Romolo e Remo fu portata dal fiume proprio sotto una pianta di fico dove la lupa li allattò; Ovidio Nasone riporta l'usanza di offrire per il capodanno fichi e miele. (Accademia Internazionale del Fico - Giungano (SA) - www.accademiadelfico.org ; www.stilenaturale.com/news/1059/ilfico-da-adamo-ed-eva-ad-oggi ).
Piantagione: Le
piante di fico (fichéara) si mettono a dimora a fine inverno-inizio primavera per talee, ricavate da rami di due o tre anni, distanziate di 5 m. circa in terreno preferibilmente asciutto o ben drenato (a distanza maggiore, 10-15 m., in campi da sfruttare per altre coltivazioni). Il terreno ideale è quello collinare non argilloso.
Potatura: entro gennaio o comunque quando la pianta è in pausa di vegetazione si procede alla potatura eliminando totalmente i rami e i polloni in eccesso e tagliando gli altri al di sopra del secondo nodo, conferendo all’albero una forma rotondeggiante e ad ombrello ad altezza d’uomo. I tagli devono essere effettuati obliqui e netti con un’accetta adeguata in modo che la superficie del taglio sia liscia per favorire il deflusso dell’acqua piovana. In primavera eliminare a strappo i germogli in eccedenza in modo da lasciarne solo due per ogni rametto.
Produzione: tra la seconda metà di giugno e la prima metà di luglio si ha una prima produzione di frutti carnosi e dolci detti fioroni (ficazzéani), ottimi da tavola. Nella seconda produzione si hanno fichi veri e propri (da tavola o da seccare) che si sviluppano tra la fine di luglio e l’inizio di settembre. Ogni tanto, specie a settembre, maturano dei frutti contraddistinti da una buccia di un verde più intenso e da una ‘polpa’ di un rosso più marcato e granulosa, da un sapore zuccherino (cuzzùmmari).
Raccolta: i frutti si raccolgono da terra con l’aiuto di un rampino di legno (crùocchju) per abbassare i rami, si staccano dal ramo con una leggera rotazione senza schiacciarli e senza danneggiare il corto peduncolo, si ripongono in un paniere di vimini appeso al braccio sinistro.

Lavorazione
Attrezzi e strutture
per la lavorazione: 1 – coltello per spaccare i frutti; 2 – graticci di steli di ampelodesmo (Fréaca) o di erba sala (vùda) o di sottili cannucce tenute assieme da un intreccio di fili di ginestra, rinforzati al bordo da un cordone di ginestra e mediamente e da una canna fissata trasversalmente agli steli con fili di ginestra; 3 – stenditoi (annéari) realizzati con piccole forche piantate nel terreno sulle quali si fissano ad un’altezza di 80-90 cm delle verghe che saranno il piano di appoggio dei graticci; 4 – riparo alto 2,50-3 m. (pagljéaru) realizzato con pali infissi nel terreno sorreggenti vari piani per i graticci; il riparo viene protetto
dalla pioggia lungo tre lati del perimetro da pareti e da un tetto spiovente di manipoli di erba sala (vùda) opportunamente legati alla struttura di legno.
Seccagione: selezionare i fichi per grossezza; spandere (spànni) uno strato di quelli più piccoli sui graticci; spaccare quelli più grossi per il lungo lasciando unite le due metà o per il peduncolo (pitìngulu) o per l’estremità opposta (mùssu), spanderli aperti sui graticci con la polpa verso l’alto; ogni due o tre giorni rigirarli in modo da esporre al sole tutti i lati dei fichi; toglierli dal sole quando sono ben secchi e asciutti.
Confezione: i fichi non perfettamente integri vengono lasciati sfusi. Quelli del tutto integri (lijìtimi)vengono confezionati, dopo aver asportato il peduncolo, in varie forme: 1 – infilati interi a colonna ad uno spiedino (filéari): si prepara uno spiedino di canna, lungo 20 cm circa, appuntito ad una estremità e all’altra con un fermo ricavato da una sezione del nodo; si prepara un secondo spiedino di canna lungo 5-6 cm circa; si appiattiscono i fichi sul lato con una pressione fra i palmi delle mani, si infilano dal lato del peduncolo nello spiedino lungo, alternandoli a destra e a sinistra, infine si utilizza lo spiedino corto come fermo; 2 – infilati spaccati a colonna a due spiedini: si fanno combaciare per la polpa due fichi spaccati, si infilano a due spiedini lunghi di canna e si fermano con due spiedini corti; 3 -  infilati a forme geometriche (sc'còcche a formetriangolari, romboidali, ecc.) unendo opportunamente più colonne; 4 - infilati a crocetta a quattro spiedini: si formano delle crocette e si infilano a quattro spiedini lunghi, si fermano con quattro spiedini corti;  5 – infilati a ciambella (a tortelli): si prepara un frustino di mortella defogliato, avendo cura di lasciare un ciuffetto di foglie all’apice; si scelgono i fichi di taglia più piccola (preferibilmente della qualità zivulìeddi), dopo aver tagliato i peduncoli, si schiacciano verticalmente tra le dita, indice e medio dalla parte dell’infiorescenza (mùssu) e pollice dalla parte del peduncolo (pitìngulu) in modo da ottenere dei tondelli; si infilano centralmente nel frustino di mortella fino al ciuffo di foglie, al termine si infila l’estremità appuntita del frustino, lasciata libera per 3-4 cm, all’inizio in modo da formare una ciambella (tòrtanu,tortanìeddu).
5 – crocette: tra i fichi seccati spaccati scegliere i più integri, poggiarne due aperti sovrapposti a croce su un tavolo, farcirli con noci o mandorle, con pezzettini di cedro candito e con altri aromi secondo il gusto, coprire la farcitura con altri due fichi aperti anch’essi sovrapposti a croce in modo da farli combaciare dalla parte della polpa e pressarli con le mani.
Sterilizzazione: due sono le modalità di sterilizzazione: la sbollentatura e l’infornatura:
1 – mettere a bollire acqua in un pentolone; tenere a portata di mano una speciale grande schiumarola di 30-40 cm di diametro; adagiarvi i fichi sfusi o infilati; immergere la schiumarola con i fichi nell’acqua bollente per breve tempo, quanto basta per scottarli senza lessarli; metterli ad asciugare.
2 – scaldare il forno a legna come per il pane (vedi ‘panificazione’); collocarvi i fichi o sfusi o infilati; chiudere l’imboccatura del forno con il chiusino (mèsa);lasciarli cuocere fino ad indoratura; togliere il chiusino e lasciarli raffreddare.

Conservazione
Collocare i fichi sbollentati e infornati separatamente in apposite casse o cassoni, preventivamente lavati ed asciugati; pressarli per non lasciare sacche d’aria; ad ogni strato cospargerli di aromi naturali (es. foglie di mirto) e chiuderli ermeticamente. Prima della conservazione le crocette infornate possono essere innaffiate con melassa di fichi e spolverate di zucchero o di polvere di cacao o cosparse di minuti confettini da dolci (dijavulìeddi).

Valore calorico
fichi freschi: 47 kcal/100 g
fichi secchi: 256 kcal/100 g

Sostanze nutritive
Fichi freschi: acqua (81,9g /100g), calcio (43mg /100g), carboidrati (11,2g /100g), fosforo (25mg /100g), potassio (270mg /100g), sodio, (2mg/100g), vitamina A (15mg/100g), vitamina C (7mg/100g).
Fichi secchi: acqua (19,4g/100g), calcio (186mg/100g), carboidrati (58g/100g), ferro (3mg/100g), fosforo (111mg/100g), lipidi (2,7g/100g), manganese, proteine (3,5g/100g), rame, vitamina A.

Proprietà curative
tonificanti, lassativi, diuretici, espettoranti, topici emollienti.

Michelangelo Pucci

 
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