Abbambéa'

Verbo derivato dal sostantivo vàmba = fiamma, che proviene dall’etìmo spagnolo medioevale hampa,

che a sua volta discende dal latino vapor, indica un calore scottante emanato da qualcosa che brucia: il fuoco, il sole. Si dice vàmba di fùocu, ma anche vàmba di lu sòli. 
Il verbo usato nella forma transitiva, indica l’azione della fiamma che avvolge un oggetto e lo bruciacchia, provocandone l’arrossamento, ma anche l’azione del sole che scotta la pelle. 
Partendo dall’azione di arrossare si è passati all’uso della forma intransitiva, nella quale il verbo indica l’azione subita da una persona, che colpita da calore intenso di fiamma o di sole, diventa rossa in viso.
Vengono in mente le donne, che alimentando con frasche il forno per il pane, si arrossavano il viso al limite delle ustioni: – sùngu tùtta abbambéata, nu mmi pòzzu adanzéa’ -  rispondevano a chi le chiamava dalla via.
Abbambéati erano pure quelle che nella stagione estiva passavano un’intera giornata esposte al sole nel greto del fiume per fare il bucato alle coperte, alle imbottite, alla biancheria da letto o personale.
Da questo significato proprio si è passati al significato figurato, per cui abbàmba la persona che diventa rossa o per sopraffaticamento: sì tùttu abbambéatu e sudòatu di fatìga, o per alterazione emotiva dovuta a ira o a vergogna: - s’abbambàjdi  mbàcci pi la vrìgògna - .
Nel senso tra il proprio e il figurato, s'abbàmba di frévi anche quando la temperatura corporea è elevata per febbre.
Qualunque sia la causa l’effetto è sempre lo stesso: un imbarazzante rossore che imporpora la pelle e, soprattutto, il viso. Ma ormai sono pochi quelli che diventano rossi per una di queste cause.

Michelangelo Pucci

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